Di Michele Cioffi

Avere l’onore di poter intervistare un personaggio straordinario come Enrico Folegnani è un privilegio che non capita tutti i giorni. Capita poi che dopo pochi minuti insieme l’intervista prenda invece i lineamenti di una splendida chiacchierata tra amici, e questo è un dono nel dono perché non capita spesso. E’ stato un viaggio intenso, fatto di emozioni, addirittura di lacrime sincere, quelle di un uomo, Enrico, che sa appassionarsi ancora delle gioie dei ragazzi, che ha vissuto una vita intera nelle competizioni, quelle vere, li dove basta un nulla e si rischia la vita. Enrico Folegnani, è a tutti gli effetti un “mito” del motociclismo mondiale (non diteglielo perché rischia di arrossire ancora); tre volte Campione del Mondo come Capotecnico di piloti del calibro di Tetsuya Harada e Max Biaggi in 250, e Troy Corser in Superbike, tre piloti diversi, tre team diversi, a testimonianza delle sue enormi capacità gestionali del mezzo e dell’uomo. Ma poi anche Fred Merkel, Pierfrancesco Chili, Doriano Romboni e tanti tantissimi giovani che ha aiutato con i suoi consigli a crescere e diventare veri motociclisti. Poi ancora la sua “seconda vita” artistica questa volta nella danza pensate!, cambiando completamente passioni e sport ma non perdendo mai di vista, il Cuore che lo rende uomo appassionato e i Giovani che sono letteralmente il suo Mondo.

Enrico, emozione a parte, ti chiedo chi è e cosa fa un Capotecnico in un Campionato del Mondo di motociclismo.

Ciao Michele, intanto ti ringrazio per le parole che hai speso nei miei confronti, io ho vissuto sempre tutto con passione e non mi sono reso conto poi che effettivamente dopo tanti anni, è rimasta una traccia importante del mio lavoro con i piloti. Il Capotecnico è una figura folle, perché non conosce orari, non conosce stanchezza, non è il solo per carità, un team motociclistico è una squadra che davvero va ben oltre il concetto di famiglia. Il Capotecnico però unisce fondamentalmente due aspetti, uno tecnico di supporto ai meccanici, agli ingegneri e allo stesso pilota; e l’altro prettamente umano e psicologico, perché diventa davvero il confidente numero uno di chi va in sella ad una moto, raccogliendone sensazioni, dispensando consigli, a volte rimproveri “mascherati” ma cercando sempre e soltanto soluzioni che possano migliorare la velocità in pista, la sicurezza ma soprattutto l’aspetto psicologico appunto del pilota. E’ un lavoro che ho amato dal profondo, innegabilmente per tantissimi anni i motori sono stati la mia vita e quella della mia famiglia. Una passione che mi ha permesso di imparare ogni volta qualcosa di diverso, perché tutto quello che viene provato per una sessione di prove può essere smentito in gara o addirittura nelle stesse prove. Accostarmi poi a giovani motociclisti sempre diversi, è un’esperienza nell’esperienza. Ricordo i primi momenti del giovanissimo Max Biaggi, dove fin da subito fu lampante dentro di me di trovarmi davanti ad un ragazzo che avrebbe fatto strada e che conosceva solo un modo di esprimersi, spingere al massimo. Stessa grinta ma atteggiamento orientale trovata poi in un personaggio straordinario come Harada, ognuno di loro mi ha lasciato tanto, e credo che ad ognuno di loro ho dato un pezzo di me in termini di passione e crescita professionale.

Dagli esordi con il Team Gallina ai Mondiali vinti, com’è cambiato questo tuo nobile mestiere, e come poi sei giunto a voler cambiare completamente vita Enrico

Sai, la tua domanda nasconde implicitamente la risposta, nel senso che semplicemente è stato lo scorrere del tempo. Il tempo che passa porta con sé le innovazioni tecnologiche che sono da un lato necessarie, ma dall’altra tolgono quel sapore romantico ad un mestiere, mi piace chiamarlo ancora così, davvero speciale. Nel corso degli anni, è divenuto sempre meno “impattante” il ruolo dell’essere umano rispetto alla tecnologia, all’elettronica e di conseguenza, pur non volendo essere una critica, anche il ruolo del capotecnico si è dovuto adattare. Se penso alle notti insonni dietro all’inventare dal nulla qualcosa che potesse migliorare un assetto e far guadagnare  km/h in pista, oggi tutto questo non ha molto senso. Poi c’è stata nella mia scelta anche l’esigenza familiare di fermarci un attimo in un posto tranquillo, per vivere quella parte della vita, quei sentimenti che poi la vita stessa non ti torna indietro se non ci pensi al momento giusto. Quindi il motociclismo mi ha dato tanto, tantissimo e reciprocamente ho dato il mio massimo contributo, ma poi arriva per tutti il momento di cambiare e vivere nuove emozioni e ti dico la verità sono straordinariamente felice della mia seconda vita artistica.

E infatti Enrico come scrivevo nell’introduzione di questa intervista sono rimasto poi sorpreso delle tue scelte “post motori”, ce ne vuoi parlare perché so che ti emoziona particolarmente.

Finita l’esperienza con i motori, ci siamo trasferiti con la mia famiglia a Fiumicino, e quando nostra figlia ha cominciato a voler praticare i primi sport, abbiamo capito come a volte abitare in determinati quadranti di una città nasconda problemi logistici per tante famiglie che vogliono far fare sport ai propri ragazzi. Così insieme a mia moglie ci siamo detti, apriamo una struttura che possa consentire di far fare attività sportiva a tanti ragazzi che magari vivono gli stessi problemi e a volte ben più gravi. Non ci abbiamo pensato su due volte, in mezzo a mille problemi e avendo superato anche una Pandemia come tantissime realtà, è nato presso il Parco Leonardo di Fiumicino la Scuola Professionale di Danza e Teatro “Stratos Sport & Dance Studio”. Lo so, può sembrarti folle essere ripartiti da un qualcosa assolutamente opposto al mondo dei motori, eppure ti assicuro Michele, che le emozioni sono identiche, anzi permettimi, addirittura superiori. Siamo partiti quasi per gioco 14 anni fa e oggi siamo diventati un punto di riferimento importantissimo per il territorio conquistandoci in poco tempo un posto di grande rilievo in particolare nel settore urban/hip hop. Nella scuola abbiamo messo le nostre competenze di gestione e organizzazione e abbiamo poi coinvolto dei professionisti eccezionali che tengono i corsi della varie discipline, dalla danza con tutti i suoi stili, al karate, alla ginnastica ritmica, artistica, acrobatica e parkour, al pattinaggio artistico a rotelle, al calcio A5. E poi ancora la scuola di Teatro e Musical, grazie alla quale ogni anno organizziamo dei meravigliosi spettacoli recitati, ballati e cantati dai nostri allievi.

Quello che davvero mi fa spendere ogni risorsa ed energia come se avessi ancora 20 anni, è vedere la crescita di questi ragazzi, rappresentare per loro un punto di riferimento con la scuola che gli consente di fare attività sportiva, culturale e di sentirsi sempre come se fossero a casa. La competizione, a volte alta e anche ricercata, deve essere per loro un sprono a dare sempre il meglio, ad avere rispetto per gli altri atleti e artisti.

E’ impagabile vedere la loro crescita, capisco che ora come ora questa è la mia vita e pur rispettando il mio passato non tornerei indietro, ma anzi lavoro tantissimo per migliorare sempre di più il livello delle competizioni e della crescita dei miei ragazzi.

Enrico, purtroppo oltre che ringraziarti devo salutarti, certo non entrerà tutta l’intervista, ne avremmo per ore perché davvero sei una persona straordinaria che cattura l’attenzione, mai banale e che soprattutto ha una parola che la contraddistingue più di ogni altra, l’UMANITA’.

Sono io che ringrazio te Michele, ringrazio  il Centro Nazionale Sportivo Libertas per questa opportunità. E’ stato bello perché come hai appena detto è stato tutto meravigliosamente umano!! Un abbraccio a tutti voi e a presto.

 

 

 

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