Jump the gap“ , il progetto finanziato da Sport e Salute Spa per l’Action Plan 2020/2022, è pensato per affrontare i temi della cultura di genere e le disparità che impattano nella quotidianità dei cittadini e nella vita delle donne in relazione alla loro possibilità di fare sport.

Un progetto presentato dal CNS Libertas in coordinamento con AiCS, Acsi , Csen e in collaborazione con l’Università di Padova, che si propone di indagare il rapporto tra donne, sport e le barriere alla pratica sportiva per trovare strategie di sostegno alla libera espressione del diritto allo sport.

L’obiettivo è colmare  la disparità – il gap – tra uomini e donne nell’accesso allo sport  e  costuire un modello di attività fisica davvero inclusiva e paritaria, capace di sostenere i cittadini nella gestione del proprio tempo.

“Jump the gap – Oltrepassare le barriere dello sport di base per le donne”  ha indagato sulla percezione della comunità sulle donne che fanno sport e sulle possibili  barriere, percepite o reali, che portano le donne ad abbandonare la pratica sportiva.

Per farlo i 4 Enti hanno intervistato 4.600 persone tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, 2.800 donne, 1.800 uomini, dagli 11 anni in su, e analizzato, con il contibuto dei ricercatori universitari, 12mila forme lessicali analizzate sui media, sia sportivi che generalisti.

Secondo i dati raccolti: il 48% degli intervistati ritiene lo sport tra i 3 elementi più importanti nella vita di una donna, ma prevalentemente per questioni legate alla salute e non alla socialità. Infatti, solo il 5% delle donne risponde che riprenderebbero lo sport per “stare a contatto con altre persone” e solo il 6% per “i valori che trasmette” (es. spirito di squadra, disciplina, competizione, ecc.). Se la donna lascia l’attività sportiva la “colpa” è della gestione familiare: per 1 su 3 rispondenti (sia uomini che donne) la donna è impegnata in famiglia più di altri, e sono le stesse protagoniste – 4 su 10 – a dire che la donna si esprime soprattutto in famiglia. Tanto che, se dovesse lasciare lo sport, chiederebbe aiuto alla famiglia (lo pensano 4 uomini su 10 inserendo tale voce entro le prime cause); mentre, se dovessero essere gli uomini a lasciare il mondo dello sport, 1 su 2 di questi busserebbe alla porta proprio del coach (indicando tale scelta entro le prime tre posizioni nella classifica).

Una versione stereotipata della donna, che la donna stessa esprime, e che è però più forte nelle persone adulte: se a rispondere sono gli adolescenti, infatti, la percentuale di chi vede nella famiglia un ostacolo per le donne, scende al 9%.  Sono gli adolescenti che praticano sport, infatti, che nella relazione che può intercorrere tra la scelta di una donna di abbandonare lo sport e un elemento che più di un altro influenza tale decisione non collegano la scelta allo stereotipo che lega donna e famiglia (tant’è che la famiglia è scelta come aspetto meno influente). Dopo la famiglia, gli altri ostacoli per un’attività sportiva costante, restano lavoro e studio.

A dirlo sono dunque i ricercatori di Unipd che rimarcano come in pochi si sentano colpiti dal problema: per solo il 21% degli intervistati, la “questione femminile” nello sport è un problema che li riguarda. “Dai testi analizzati – rimarcano i ricercatori – emerge un’alta deresponsabilizzazione rispetto a ciò che sarebbe necessario fare”. Insomma, la maggior parte degli intervistati ammette che le differenze di genere ci sono, ma lascia alle istituzioni idee e soluzioni. Una speranza arriva dai media che, quando parlano di donne e sport – pur trattando quasi solo di campionesse e raramente di donne “comuni” – lo fanno senza pregiudizi e, nel 30% dei testi analizzati, se si parla di ostacoli che incontra la donna nella carriera sportiva la spiegazione è tutta nella differenza di genere.

Gli enti promotori hanno quindi progettato una serie di azioni a breve e lungo termine per abbattere il gender gap sul campo. Il “commitment to action” è diviso in 2 piani: uno che riassume servizi e progetti programmati per il biennio 2022-2023; l’altro che pianifica gli obiettivi programmatici per quadriennio fino al 2025. Nei progetti a breve termine, stanno la formazione dei tecnici riguardo il mondo femminile nello sport, l’organizzazione di eventi culturali dedicati, e sostegno alle famiglie quali voucher sportivi per i bambini le cui madri fanno sport e sport gratuito per le donne che accompagnano gli atleti agli eventi sportivi nazionali organizzati dagli enti promotori; e ancora: una capillare campagna di comunicazione sui territori che metta in luce le donne che fanno sport e i servizi che le associazioni e società sportive locali possono garantire alle donne.  Nei piani a lungo termine, ancora la formazione, la programmazione della “palestra ideale” a misura di donna, ed efficaci campagne di comunicazione capaci di intervenire sul modello culturale attuale: programmi sui quali verranno concentrati i prossimi investimenti.